Oltre la Montagna ~ Lindagine.it
Agli albori di un alba, un albo in scomparsa;
nuova rotta, si salpa; un’onda che impatta:
gente di mare che viene, che va.
Agli albori di un alba, una barca di carta;
appunta ogni tratta, di sé sa lasciar traccia:
gente d’anima che viene, che sta.
Agli albori, una marca: merce o speranza?
La credenziale di rete è la credenza dell’utenza.
Sai che il mercato marcato da sola affluenza presto svanirà.
Ora che il sole avanza, tu a che dai importanza?
Issa la vela per la meta, ma non è sulla mappa.
C’è una gloria in ogni alba: una medaglia di “sè” , una medaglia di ma.
Ora che il sole avanza, tu a che dai importanza?
C’è una storia, un trionfo in ogni alba,
“una montagna che viene, una montagna che va¹.
©️Testo e chiave di lettura coperti da Copyright ©️Author: Linda Cianci (Lindagine)
¹ Il riferimento finale alla montagna richiama l'antico detto " se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna". Secondo alcune fonti, questa frase è attribuita in forma aneddotica a Francis Bacon nel XVI secolo. È quindi più una costruzione occidentale che dell'antico oriente, che evoca anche qui un invito: alla reciprocità tra soggetto e destino.
CHIAVE DI LETTURA:
Generalita':
Lindagine del mese di giugno fabbrica una doppia chiave concettuale, apparentemente agli antipodi, ma in realtà profondamente intersecabili.
L'una ci parla di una gloria silenziosa: la fatica dell'alba come atto trasformativo per la conquista della " medaglia del sé", oltre i ma.
- L'altra del "non detto" (introdotto ne Lindagine di questo Maggio), che sembra ancora una volta svelare come un fenomeno qualsiasi, come il mercato o la rete - nel caso del testo- prima di andare alla ricerca degli effetti che produce, ha bisogno di conoscere e riconoscere cosa genera quello scambio, quel "movimento", quella "credenziale di accesso", che qui si identifica con la credenza. Ma non una qualsiasi, una "credenza organizzata".
Vediamo che significa.
1. La fatica dell’alba: la ripetizione come atto trasformativo:
Ogni alba è un atto di volontà, una prova di coerenza con se stessi, la sfida della scelta. Più del tramonto, più di qualsiasi altra ora della giornata. E' anche il tempio del silenzio, dell'eternità di un'aurora che si dissolve nell'attimo in cui fa capolino la luce da est.
L'alba può essere intesa come il simbolo di quella intenzionalità concreta, che conquista silente, "in scomparsa" - come l'albo de Lindagine; che segna un'altra x sulla mappa, pur sapendo che la meta non è lì, ma è la medaglia del proprio sé contro i ma, prima che d'oro. C’è qui un invito alla ripetizione, all'annotare se stessi, a tracciarsi per trasformarsi ed evolvere: da gente di mare che viene, che va; a gente d'anima, che viene, che sta.
Più semplicemente: Quante volte ti sei sentito sopraffatto dalle tue giornate o con quella sensazione di troppe cose da fare o da "essere"? Hai mai fatto caso se ciò sia dovuto ad un tuo andare avanti a "pilota a automatico"?
L'alba ci insegna la fatica della ripetizione, ma anche che la trasformazione avviene se si salda e traccia fermamente ogni x sulla mappa, ossia in maniera concreta. La pigrizia e la procrastinazione non sono solo una questione di tempo, o forse non lo sono affatto, sono una questione di organizzazione e tracciamento, di saper rendere visibile a se stessi ciò che si fa, ciò che si è, giorno dopo giorno. Potremmo definirlo un processo di disvelamento del sé.
Non è un caso se secondo una delle teorie istituzionali più importanti dell'intero novecento, il diritto non è altro che "organizzazione" [...] ; e non è, in fondo, il diritto la più alta espressione della nostra umanità? [...] Tuttavia, accantoniamo sul nascere questo tema, che qui può sembrare una forzatura.
2. Credenza organizzata: il non detto che istituzionalizza
Quante volte ci soffermiamo sul come regolare e comprendere gli effetti senza badare all'orgine e al perché? Quante volte la soluzione trovata, seguendo questa logica, ci ha imprigionato dietro delle sbarre concettuali, dicotomiche o meno, che seppur sembrino far largo a nuove vedute, in realtà non sono altro che un riflesso rinnovato dello stesso sistema, di cui si ignora l'aspetto assiologico? Va davvero ricercata all'esterno la soluzione?
Come sostenuto nel primo paragrafo, sia pure in modo criptico, che ne Lindagine di maggio, la lacuna non si colma che "dall'interno", solo così si può saltare all'esterno dell'eventuale problema.
A questa regola si crede non sfuggano nemmeno i grandi macro-temi della modernità, come la regolamentazione del mercato o la governance della rete, che in realtà sono solo un esempio tra tutti e si ricollegano ad unica grande "matrice": l'identità e la sua narrazione/credenza.
Più semplicemente, la trasformazione reale non è un intervento tecnico, ma è una crepa interna che apre spazio a un senso nuovo d'identità, una nuova credenza invisibile che se tracciata, organizzata e narrata con ripetizione, muta il sistema, perché intesse una nuova tela di valori, il cui materiale non dovrà essere perfetto per essere valido, ma dovrà essere riconosciuto come tale. Ecco che prima lo scambio era a mo' di baratto, ora le monete, poi le carte, poi i bitcoin ecc. Nulla di nuovo.
Il contrasto "merce -speranza" evocato nella poesia – ma sarebbe più opportuno definirlo binomio – rafforzato dal verso sulla credenza-credenziale, ne è proprio la spia sintomatica. Indica che lì dove c’è un oggetto scambiato, c’è sempre anche un racconto creduto. E ciò che si acquista, non è mai solo il prodotto, ma la credenza che – se organizzata e condivisa – lo sostiene, crea narrazione, pone norme. Non cresciamo noi, in fondo, grazie alle storie che viviamo e ci vengono raccontate, che sono a loro volta ciò su cui la società "organizzata" stessa si fonda? Chi compra non acquista un bene perfetto, ma un senso condiviso, una fiducia, una storia che sente propria. E allora, forse, il valore non risiede nel dato tecnico, ma nel riconoscimento simbolico strutturato, annotato e reiterato, che quel prodotto riceve. Il centro c'è ancora, ma si sposta: non sull'oggetto o sul soggetto che ne sortisce gli effetti, ma sulla credibilità della storia che li circonda e che li plasma. Questa storia va captata e si cristallizza con e nell'esperienza: non può istituzionalizzarsi, ma è ciò che istituzionalizza.
Si badi tuttavia che ciò non significa essere schiavi del contingente: la sfida, come nell'alba (anche se qui forse il collegamento è molto sottile/forzato) , è nello sforzo di saper adattare combinare e celare "la medicina con il miele", senza derive populiste o di altra sorta. [...] Ci sarebbe molto altro da dire in merito, ma al momento ci si ferma qui.
Ciò che rileva evidenziare, in sintesi, è la sfida nel considerare non solo gli effetti visibili di un fenomeno (mercato, rete ecc.) , ma anche le radici ed i "movimenti" che lo alimentano, suggerendo che solo una comprensione profonda di tali dinamiche può portare ad una maggiore consapevolezza e può far emergere – forse e seppur non del tutto – quali possano essere le "condizioni di possibilità" dell'essere liberi, ma non solo [...]. Per le ragioni esposte, la "credenza organizzata" si crede sia una fattibile e possibile dinamica base da cui si possa dipanare il tutto.
Si arriva così al punto decisivo: la credenza come un non detto (intangibile) in movimento (ricordiamo essere anche l'elemento costitutivo del potere, non a caso, ma non approfondiamo qui [...]), che se organizzata, reiterata, crea abitudine, pone. (v. Lindagine: l'abito che non fece il monaco). La credenza come quella narrazione e quel non detto che non puoi istituzionalizzare, ma che proprio per questo istituzionalizza, perché genera tutti gli effetti di cui ci interroghiamo e ci imponiamo di normare.
Parlare di “comunità organizzata” allora ci permette di andare oltre? Ma oltre in che senso? Si può parlare di una “credenza organizzata”, che bilancia quel non visibile e non detto che ci ostiniamo a ricercare e la cui indagine, tuttavia, sarà sempre infinita? Forse...
e il non detto continua...
👍👍👍
RispondiEliminaCondivido. Brava
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RispondiEliminaHai una sensibilità rara per trasformare i momenti difficili in espressione autentica e in spunti che parlano a tutti. La tua determinazione e forza è davvero ammirevole
Senza parole come sempre. Scrivici un libro!
RispondiEliminaC’è un grande potenziale in ciò che fai. Sono temi che in parte si conoscono, ma tu riesci a esprimerli con una freschezza insolita ed uno sguardo nuovo, capace di ridare forza e significato. Continua così. Ho la sensazione nitida che tu stia contribuendo con misura a scrivere una piccola pagina di storia
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